Fraternità-Cura

Articolo_pace_2020-05-05
Prendersi cura, curare le ferite, costruire relazioni. È “il potere dei segni” nei giorni di inizio del pontificato di Papa Francesco: la lavanda dei piedi a bambini e bambine detenuti nel carcere minorile di Casal del Marmo e la visita a Lampedusa dove ancora risuona il grido: “Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?

È il senso della responsabilità fraterna. Padre Frans van der Lugt è stato ucciso in Siria, a Homs, il 7 aprile 2014. Il missionario gesuita olandese è stato assassinato a 76 anni, in casa sua, da uomini armati. Nel mezzo della guerra siriana, lui non aveva mai voluto andarsene dalla Città vecchia di Homs, in mano ai ribelli, per «non lasciare soli» gli ultimi cristiani rimasti. Aiutando cristiani e musulmani, accogliendo chiunque («io non vedo cristiani o musulmani, prima di tutto vedo esseri umani», diceva), è rimasto a Homs come l’ultimo sacerdote, mentre tutti scappavano: «Il popolo siriano mi ha dato così tanto, tutto quello che aveva. E se ora la gente soffre, io voglio condividere il loro dolore e le loro difficoltà». È quello che ha fatto: «Le facce della gente per strada sono deboli e giallognole. I loro corpi hanno perso forza. Io provo ad aiutarli non analizzando i loro problemi, che sono ovvi e non hanno soluzione. Io li ascolto e gli do tutto il cibo che ho». Padre Frans ha fatto molto di più di un semplice «dialogo interreligioso», è stato «fonte di speranza». Bisogna fare esperienze di incontro e di confronto, superare la pigrizia della chiusura nel proprio gruppo, imparando a riconoscere la positiva originalità di ogni cultura, di ogni condizione di vita, di ogni persona. La diversità delle persone e dei gruppi, riconosciute, sono addirittura un appello che consente alle persone di maturare, e le attrezza per meglio comprendere e vivere la propria identità.

 

Il dialogo tra culture e religioni diverse è la strada, l’unica possibile, verso la pace.

 

Uno dei passi essenziali verso la pace è l’atteggiamento fraterno, il sentirsi parte di una sola famiglia. Occorre, però, educarsi, esercitarsi nella fraternità, non solo parlarne, non solo indignarsi per le scelte che si fanno contro questa o quella persona, contro gruppi e appartenenze: educarci ed educare a vivere insieme, in una prospettiva di dialogo interculturale e interreligioso, dove la varietà delle culture è fonte di arricchimento e la differenza è un bene da tutelare; educarci ed educare in un’ottica di inclusione, accogliendo ogni persona e promuovendo i diritti umani fondamentali; educarci ed educare a vivere relazioni di qualità, favorendo in ogni occasione una cultura della vita, del dialogo e della condivisione; coltivare l’attitudine a dire parole di benedizione che esprimano simpatia per ogni persona e per il suo vero bene (Circ. 969).

Bisogna camminare, incontrarsi facendo il bene, andare all’incontro con tutti, con i poveri. “Siamo creati figli con la somiglianza di Dio e il sangue di Cristo ci ha redenti tutti! E tutti abbiamo il dovere di fare il bene. E questo comandamento di fare il bene credo che sia una bella strada verso la pace” (Mons. Tonino Bello). Ogni piccolo germoglio di fraternità sarà costruttore di pace!

 

«Penso che un eroe è chiunque cerchi di fare di questo mondo un posto migliore per vivere insieme tutti» 
                                 (Maya Angelou, poetessa, attrice e ballerina statunitense).

 

Gabriella Imperatore, FMA
gimperatore@cgfma.org

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