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Martedì, 05 Marzo 2019 13:37

La vita in oratorio, tra gioco e fede

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Quotidianità, sogni e crescita. L'Oratorio, è l’intuizione salesiana educativa, lasciata in eredità da don Bosco e Madre Mazzarello, che valorizza tutte le potenzialità giovanili. Nei diversi continenti si rivela come un luogo accogliente, gioioso, aperto nei confronti delle espressioni di vita delle giovani e dei giovani, capace di educare alla fede e alla vita sociale.

 

L’oratorio è un ponte fra la strada e la Chiesa, un luogo di formazione che accompagna i giovani nel proprio percorso di crescita. Per molti giovani l’ambiente oratoriano è una seconda casa, un posto di incontro dove passare e ritornare.

Nelle diverse aree geografiche in cui Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice operano, l’oratorio offre una grande varietà di percorsi educativi, attività e tipologie di aggregazione in cui bambine, bambini, adolescenti, giovani possono inserirsi a seconda degli interessi: gruppi spontanei, dove prevalgono leaders naturali e interessi immediati, e gruppi più strutturati con un preciso cammino formativo (gruppi sportivi, culturali, d’impegno sociale, di approfondimento della fede, di ricerca vocazionale, di sensibilizzazione missionaria).

Gli oratori sono diffusi in tutto il mondo salesiano e sono una realtà viva e feconda.

 

In cinque oratori lombardi (Clusone, Gonzaga a Milano, SanFaustino e san Giovanni a Brescia, Lomazzo) viene ambientato un documentario Qui è ora diretto da Giorgo Horn, e prodotto da Oratori della Lombardia e Fondazione Ente Spettacolo.

Un racconto corale, che coinvolge 5 parrocchie della Lombardia e approfondisce il tessuto sociale che ruota attorno ad esse in una prospettiva diversa da quella proposta solitamente dai media. Seguiamo un giovane prete di città, un educatore senegalese, un’anziana suora, un gruppo di adolescenti e il parroco di una cittadina montana.

Queste storie, apparentemente separate, sono destinate a intrecciarsi le une con le altre. Come spiega il regista, Giorgio Horn, il proposito che ha mosso la realizzazione è stato quello di raccontare «Un mondo, quello degli oratori, sempre in movimento, con innumerevoli attività, spunti, riflessioni e mille colori. Un universo fatto da giovani che costruiscono il proprio futuro e la propria personalità con l’aiuto dei preti, degli educatori, dei volontari».

Qui è Ora racconta dei giovani da un punto diverso da quello che siamo abituati ad ascoltare, come ad esempio del gruppo di adolescenti dell’oratorio San Siro (Lomazzo) che hanno deciso di intraprendere un percorso di vita comunitaria in un appartamento parrocchiale. Questi giovani, tra gli impegni scolastici, gli incontri con gli amici e la discoteca il sabato sera, si interrogano sul senso della propria esistenza e immaginano il proprio futuro tra mille punti interrogativi. Nel docu-film si raccontano anche storie di vera integrazione come ad esempio la storia di Akon, un giovane senegalese arrivato a Brescia una decina d’anni fa che lavora come educatore all’interno dell’oratorio San Faustino, situato nel centro antico della città e affollato da tantissimi bambini quasi tutti immigrati di seconda generazione.

Poi c’è don Mattia Bernasconi, giovane trentenne che, dopo una laurea in ingegneria aerospaziale e un’importante proposta di lavoro in Cina, decide di entrare in seminario. Don Mattia segue le attività oratoriali con dinamismo e convinzione, coinvolgendo così moltissimi giovani. Analizzando con profondità gli aspetti più importanti della società contemporanea di una grande metropoli come Milano, don Mattia si impegna per aiutare i più deboli con pranzi che sono più di una semplice mensa per poveri, piuttosto momenti per trascorrere del tempo in compagnia.

Se la vita fosse un film, l’oratorio sarebbe rappresentato da quel preciso momento: un ritorno a casa per chiunque lo frequenti, un momento di serenità isolato dalle logiche del mondo ma, soprattutto, un insieme di esperienze, di vissuti e di rapporti umani. Ogni oratorio è un piccolo film a sé: un’esperienza di comunità che, spesso, impatta le vite di chi lo frequenta in modo dolcemente imprevedibile.

 

Gabriella Imperatore, FMA
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