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Domenica, 28 Maggio 2017 14:37

Leadership e vita consacrata

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Parlare di leadership nella vita consacrata ci fa pensare subito alla funzione dell’autorità o alla modalità con cui questo servizio viene messo in pratica. Oggi, in molti campi, l’autorità è messa in discussione e per quanto riguarda la vita consacrata questo fa riferimento diretto al voto di obbedienza. Il modello tradizionale di esercizio dell’autorità è in crisi, e si fa strada lentamente un modello nuovo che non emerge ancora con chiarezza. I modelli presi a prestito da altre organizzazioni sembrano sempre troppo parziali e necessitano di un continuo dialogo con i valori evangelici.

 

Operare bene “con” e “attraverso” altre persone

Sono tante le definizioni che vengono date alla parola leadership. Henry Kissinger, segretario di stato degli Stati Uniti (1973-1977) la definisce come “l’arte di portare le persone ad un punto in cui non sarebbero mai arrivate da sole”. Un operare bene “con” e “attraverso” altre persone.
La questione della leadership richiama immediatamente la questione relazionale. La crisi del-
le relazioni e il bisogno di incontro vero e di comunione attraversano tutti gli ambiti di vita e ci dicono che le nostre relazioni dovrebbero diventare luogo e laboratorio di esercizio del riconoscimento dell’altro, di dialogo vero, di corresponsabilità. In ciò incrociamo alcune sfide culturali oggi: la necessità di far emergere il primato della persona rispetto alle strutture, alle idee, alle logiche della politica o dell’economia; la necessità di costruire senso di appartenenza attraverso la partecipazione, il dialogo e la valorizzazione di ciascuno; il riconoscimento della sacralità di ogni persona. Le relazioni umane e la stessa relazione di obbedienza si giocano tra rispetto e decisione, tra accoglienza e responsabilità, tra ricerca della dignità umana e apertura alla grazia e alla chiamata di Dio. Ciò passa anche attraverso i conflitti.
L’obbedienza religiosa e gli sforzi del discerni-
mento e della ricerca della volontà di Dio hanno bisogno di nutrirsi di una rinnovata antropologia cristiana. L’obbedienza è in realtà esercizio di vera intelligenza e libertà interiore.


“I leader generano altri leader ed è in questo modo che la leadership diventa processo condiviso e comunitario”.


Qualche interrogativo

Nella nostra realtà contemporanea quale tipo di leadership contribuisce meglio alla mediazione di significato nella vita religiosa oggi? 
In che modo la leadership può promuovere e sostenere il carisma di fondazione, i valori e l’impegno a prolungare la presenza di Cristo nel mondo?

Parliamo di leadership come quel processo attraverso cui i leader mediano il significato, cioè il modo in cui il Carisma e i valori del gruppo vengono attualizzati in e attraverso tutti i suoi membri.
Alcuni autori riconoscono alla leadership, due elementi critici. I leader sono persone nominate o elette in una fase precisa della storia di una famiglia religiosa. La leadership non risiede né nei singoli leader e neppure in se stessa, ma piuttosto nelle relazioni dinamiche che si creano e si sviluppano tra i leader e i membri. La caratteristica primaria e più profonda della leadership è la sua qualità relazionale. Attraverso la relazione, i leader stimolano lo sviluppo del Carisma tra i membri, facilitano il vivere autentico del loro impegno. Una delle conseguenze di un vissuto autentico è che i membri sono messi in grado di assumere ruoli futuri come leader. Quando diventa difficile trovare leader che sappiano assumersi delle responsabilità ci sono dei nodi di criticità che devono essere presi in considerazione.
La realtà insegna che non sempre chi ricopre una certa carica dimostra anche di essere leader. Ricoprire una certa carica o posizione è qualcosa di inerente o statico, è un dato. La leadership, invece, è essenzialmente dinamica. Si è leader solo quando si procede al comando, quando gli altri seguono, cioè quando ci sono follower (seguaci). Deve esserci una interconnessione tra i membri e leader a tutti i livelli perché la leadership avvenga, sia reale, sia capace di mediare elementi di trascendenza e di alterità, di facilitare i membri nel raggiungimento degli scopi della loro consacrazione nella realtà quotidiana.


Leadership e/o Management?

La parola “management” viene dalla parola latina manus e indica il prendere in mano, giorno per giorno, gli affari amministrativi. Il management implica il controllo, la direzione di un’operazione: produrre, innovare, attivare. Secondo Loredana Abate, autrice di articoli e riflessioni sulla leadership nella vita consacrata, il management comprende ordine, controllo, certezza, risposte, pianificazione articolata e analisi delle sfide e dei problemi. La leadership, invece, tende a coinvolgere sentimenti, aperture, creatività, intuizione, quesiti e la capacità di gestire l’ambiguità. Il leader non deve eseguire un ruolo, ma interpretarlo secondo tratti e stili di azione diversi, in cui la persona integra, i suoi percorsi di razionalità e affettività nel complesso dell’organizzazione. Il compito della leadership di un gruppo religioso è quella forza che all’interno di una Congregazione, stimola le energie spirituali e psichiche dei membri, a seguire i loro desideri per il Regno di Dio. Ogni leader dovrebbe portare la responsabilità della visione come dell’amministrazione.

Pur riconoscendo le complessità e le sfide della leadership religiosa, si può però pensare ad un approccio integrato della leadership e del management. L’approccio integrato può essere inteso come un’attenzione congiunta a entrambi gli aspetti: gestione manageriale della realtà presente e concentrazione verso la creazione del futuro delle comunità.
«Compito primario dei leader ufficialmente nominati è quello di salvaguardare il futuro di un’organizzazione. La sfida alla leadership nell’oggi della vita religiosa è quella di integrare più pienamente i compiti di leadership e management. I leader devono essere veramente persone capaci di autorità spirituale, preoccupati del cammino dei propri fratelli/sorelle; autorità operatrici di unità, capaci di cogliere il senso della diversità presente nelle proprie comunità; autorità, infine, che sanno prendere decisioni concrete e ne assicurano l’esecuzione; capaci, se necessario, di autentica e benevola correzione».
Ogni autorità nella comunità cristiana e in particolare nella vita consacrata, non è un qualunque esercizio di potere, è un modo di attuare la sequela di Colui che ha detto di essere venuto “non per essere servito, ma per servire”.

Anna Rita Cristaino
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