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Sabato, 28 Maggio 2022 09:46

In «viaggio» nell’ecologia integrale

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L’uomo è pienamente se stesso solo se è in relazione con se stesso, con gli altri, con tutto il creato e con Dio. È questa la verità che siamo chiamati a riconoscere per prenderci veramente cura della casa comune. La fonte d’ispirazione dell’Enciclica Laudato sì’ di Papa Francesco si rivela fin falle prime righe: San Francesco D’Assisi, “esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale vissuta con gioia e autenticità” (Laudato sì’, n. 10) e che manifestò un’attenzione particolare verso i più poveri e abbandonati. In Lui, infatti, si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura e per la giustizia verso i poveri.

 

Da questo si riconosce che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri. Ed è questo duplice grido che oggi interpella ogni persona che abita il pianeta Terra. La sfida sta nel proteggere la casa comune e per farlo c’è bisogno di una conversione ecologica collettiva e di una cultura della cura che impregni tutta la società.

In dialogo con ogni persona del Pianeta

La questione ambientale, che è connessa intrinsecamente alla questione sociale, interessa ogni persona che abita il Pianeta Terra e il dialogo è un fattore fondamentale per una svolta radicale. “Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti” (Laudato sì’, n. 14). Un dialogo che sia onesto e trasparente, che consenta un passaggio di informazioni complete e corrette e che permetta la reale partecipazione della comunità nell’assunzione di decisioni in vista di una nuova alleanza tra l’umanità e l’ambiente. “Il dialogo non solo deve privilegiare la scelta preferenziale per la difesa dei poveri, degli emarginati e degli esclusi considerandoli interlocutori. Si tratta di riconoscere l’altro e di apprezzarlo “come altro” con la sua sensibilità, le sue scelte più personali, il suo modo di vivere e di lavorare” (Esortazione Apostolica Postsinodale, Querida Amazonia, n. 27).

Non si tratta tanto di parlare di idee, ma è una fraternità che si fa in opere, nel segno di un’antropologia fondata sulla comune responsabilità verso un mondo aperto e in continua evoluzione. La capacità di riflessione, il ragionamento, la creatività, la partecipazione, la comunione sono il primo segno ecologico con cui affrontare le emergenze ambientali. I popoli più svantaggiati si trovano a condurre la propria esistenza in condizioni tante volte deplorevoli, in mezzo al rumore, all’inquinamento, alla sporcizia, al degrado: e questo rende ancora più difficile la ricerca di un senso da dare alla propria vita. Eppure è eccezionale la forza che gli esseri umani riescono a mettere in campo, ed è quasi sovraumana la capacità che essi hanno di reagire: si organizzano, creano comunità, intessono relazioni e costruiscono legami sociali. Così imparano ad amare il luogo in cui si trovano a risiedere e se ne prendono cura, soprattutto apprendono l’essenza della vita. È questa la speranza: riconoscere che c’è sempre una via di uscita, che possiamo sempre cambiare rotta e che possiamo sempre fare qualcosa e dare di più.

 

Non ci sono passeggeri sul “Battello Terra”. Siamo tutti membri dell’equipaggio (Marshall McLuhan).

 

Conversione del cuore e cura dell’interiorità

Ecologia integrale” è avere uno sguardo allargato alla natura e alle relazioni sociali. Significa rispettare i poveri, e anche la qualità delle relazioni con se stessi, con gli altri e con Dio. Lo sguardo sul povero è lo stesso che sull’uomo, sulle relazioni sociali, sulla natura. Papa Francesco dice che “quando le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità. Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare” (Laudato sì’, n. 204). Il cuore nella Bibbia è il centro vitale dei pensieri e dei sentimenti e se si svuota la persona perde vigore. È necessario che il cuore trovi una sua unità attorno alla scoperta di un senso per cui vivere, un significato in grado di muoversi verso uno sviluppo integrale. Come fare per evitare che il cuore si svuoti? Come vincere l’autoreferenzialità e uscire verso gli altri? Piccole azioni compiute ogni giorno cambiano il mondo. Il cuore non si svuota perché sa gustare i doni di Dio presenti nelle piccole cose e sa ringraziare per quanto riceve. La gioia e la pace si ritrovano in vite semplici, sobrie e capaci di godere con poco. Dio lo si può incontrare in ogni cosa: in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero. È una conversione di cuore e di sguardo: un cuore che si nutre di cose semplici e dal quale nasce uno sguardo che si fa contemplativo, che si trasforma e si arricchisce, lasciando cadere ogni bramosia dell’avere.

Il filosofo A. Heschel nell’opera L’uomo non è solo fa una considerazione: «L’inizio della nostra felicità sta nel comprendere che una vita senza meraviglia non vale la pena di essere vissuta. Quello che ci manca non è la volontà di credere, ma la volontà di meravigliarci». L’animo che sa meravigliarsi, che sa cogliere l’ineffabile presente nelle cose, proprio lui è capace di abitare la terra con vera sapienza, perché il suo rapporto con essa e con l’universo intero è vissuto essenzialmente sul piano del dono, a cui corrisponde la presa di coscienza di un compito da assumersi.

 

Appartengo alla Terra. E come me tutta l’umanità, e ogni forma di vita. 
Piante e foreste, frutti e fiori, e ancora fiumi, monti, animali d’ogni specie e tutto ciò che il lavoro umano ha plasmato e trasformato nel tempo. 
San Francesco la chiamava sorella e madre, che ci governa e dà sostentamento (Carlo Petrini).

 

Gabriella Imperatore, FMA 
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