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Mercoledì, 20 Luglio 2022 13:31

Riempite d’acqua le giare

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“Scriviamo in questi giorni questa pagina nuova di vita e di speranza con gratitudine e disponibilità come Maria. Lei, l’umile serva del Signore, ha permesso a Dio di operare grandi cose nella sua povertà per il bene dell’umanità intera. Lasciamoci stupire anche noi come lei dalla potenza dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Madre Yvonne Reungoat).

 

Recuperare la capacità di ammirazione e stupore

La persona consacrata è chiamata a chiedersi sempre: come situarsi all'interno della cultura e della situazione della Chiesa oggi? Leggendo i Vangeli, l’ammirazione, lo stupore manifestato dai seguaci di Gesù per quello che dice e fa è evidente. Stupore per quello che dice, perché insegna con autorità e non come gli scribi. Stupore per quello che fa, perché fa tutto bene (Cf Mc 7,37). L’ammirazione/stupore apre il cuore al bene, suscitando interrogativi che a loro volta generano la fede, che si traduce in sequela (Cf Mc 1,22ss). Ammirazione/stupore è il primo passo verso la riflessione e la contemplazione, illumina la mente, tocca il cuore, muove i piedi e le mani per camminare e agire.

L’ammirazione/stupore nella Vita Consacrata permette di dare il primato alla trasmissione di un'esperienza che cambia la vita, apre la porta al racconto, la forma più suscettibile di fedeltà all'esperienza religiosa della Parola; alla confessione che culmina nel gesto: vissuto, condiviso (Cf Gv 10,25), che si trasforma in arte: memoria della storia, memoria della inquietudine religiosa, del desiderio di trascendenza. Tutto ciò culmina nella nuova evangelizzazione e in una vera catechesi vocazionale, poiché solo dall’ammirazione/stupore si può diventare portatori gioiosi di proposte vincenti, “custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo”.

Se l’ammirazione/stupore è essenziale nella vita del credente, tanto più nella vita di una persona consacrata in quanto il trascendente irrompe nell'immanente e sorprendente, l'inatteso nell'abituale e incontrollabile, l’Infinito nel finito. Senza ammirazione e stupore non c'è silenzio, la più alta forma di comunicazione tra persone che si amano, l'unico linguaggio che ci permette di comprendere il silenzio di Dio in noi stessi e in quello del nostro mondo.  Senza ammirazione e stupore non c'è amore duraturo, non si mantiene la fedeltà al dono ricevuto, né si sperimenta la gioia della perseveranza.  Senza ammirazione e stupore, il rapporto con il Signore nella vita consacrata si raffredda e manca la risposta vocazionale. Senza ammirazione e stupore, la Vita Consacrata perderebbe la passione che alimenta la ricerca e dà senso pieno all'incontro, come si legge nel Cantico dei Cantici. “L’ammirazione/stupore provoca, inquieta. Se non vogliamo conformarci e lasciare che l'ardore della nostra consegna al Signore svanisca a poco a poco e diminuisca il primo amore (Cf Os 2,9), bisogna rinnovare ogni mattina la capacità di stupore e meraviglia. Rispondere a questa sfida è essenziale in questi momenti in cui la Vita Consacrata, così come la stessa vita cristiana, rischia di addormentarsi e di perdere la grande sfida che ci attende: svegliare il mondo”.  La cultura e la stessa Chiesa oggi hanno bisogno di questo!

(Cf Mons. Carballo José Rodriguez OFM, Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Verso una vita consacrata più significativa nella cultura e nella chiesa oggi, Roma, Casa Generalizia, CG XXIV 21 settembre 2021)

 

Chiamate ad essere vita per tutti, luce nella missione tra i più poveri, carezza di Dio per i più lontani e bisognosi di umanità e di vicinanza. (Don Ángel Fernández Artime, 10° Successore di Don Bosco)

 

Acqua che ricrea

“Gesù dice ai servi…riempite d’acqua le giare fino all’orlo” (2,7). C'erano sei giare con una capacità di circa 600 litri di acqua. Il numero sei esprime l'incompleto e l'inconcludente in contrapposizione al sette, che indica la totalità. Le giare immobili e vuote evocano la legge scritta sulla pietra (Deut. 9,10 Ez.36,26) incapace di comunicare gioia e vita. Sono inefficaci e infruttuose, svuotate di contenuti reali. Nonostante il loro aspetto di solidità e stabilità, mostrano quanto siano fragili, in quanto possono rompersi o frantumarsi. Ma Gesù non prescinde da loro, e proprio con loro fa il suo “segno”; le redime, le ricrea come vasi capaci di accettare un nuovo contenuto spoglio di vecchi raccolti. Esse, silenziosamente, dal basso attendono la nuova alba e la copiosa redenzione che viene dal Signore. La nuova purificazione sarà fatta con l'acqua dello Spirito che trasforma dall'interno, che penetra e permea tutto (Cf José Luis Corral. Jesús, alegría y novedad. Las Bodas de Caná y la transformación esencial).

I servi non fanno parte della festa se non marginalmente. Maria li rende parte attiva di un'altra festa a cui non tutti parteciperanno. Rivolgendosi ai servi, allarga le sue connessioni verso quelli che si trovano alla periferia della festa. Preannuncia quelli a cui Gesù si rivolgerà nella sua vita pubblica, la gente del popolo, i poveri, i malati, gli stranieri, gli emarginati. Sono questi gli interlocutori di Maria e poi lo saranno dello stesso Gesù. La richiesta di Gesù è che riempiano le giare di pietra con l’acqua. I servitori si trovano tra le sei giare di pietra e l’acqua, e la "giara" in carne ed osa che è Gesù, fonte da cui sgorgano ruscelli di acqua viva e vino generoso per la festa. I servi non lasciano i vasi vuoti o a metà, ma li riempiono fino all'orlo; danno la misura del segno. L'abbondanza di vino esige ripetuti viaggi che vanno dal pozzo alle giare. Viene solo cambiata in vino l'acqua che viene messa nelle giare. Oggi le nostre Comunità Educanti sono invitate a riempire i loro vasi di acqua fino all'orlo, per far traboccare la freschezza del Vangelo e del Carisma. Riempirle con quell'Acqua che ricrea il Sistema Preventivo nella missione educativa.

(Cf Riccioli Marta Liliana, Apporto biblico al documento di lavoro del CG XXIV 2021. “Fate tutto quello che Egli vi dirà” (Gv 2,5). Comunità generative di vita nel cuore della contemporaneità, testi proposti alle Capitolari, Roma Casa Generalizia, 24 settembre 2021).

Come aiutarci perché la rigidità di pietra delle nostre strutture ceda il posto all'accettazione dei segni della novità evangelica? In che modo le nostre comunità generano “nuova vita” nell’educazione?

 

Gabriella Imperatore, FMA 
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