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Mercoledì, 20 Luglio 2022 09:41

“Un cuore grande e generoso”.

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La nostra vita avrà fecondità nella misura in cui manifesteremo, pur con le nostre fragilità e limiti, la bellezza della nostra vocazione – laici e consacrati – e del dono del carisma che è presente in noi e nelle comunità educanti con dinamismo creativo e contagioso (Cf Atti CG XXIV, 69). Guidati e illuminati dall’esperienza di Maria Domenica Mazzarello siamo chiamati a testimoniare la profezia della presenza che si fa attenzione, delicatezza, incoraggiamento, sollecitudine, vicinanza, amore dimostrato

 

Siamo chiamati, a prospettare futuro con audacia e con “un cuore grande e generoso” (L 47,12), un cuore materno e paterno. Dove e come contempliamo la “maternità educativa” di Maria D. Mazzarello? In che senso la sua maternità ci interpella?

È “madre”…

Madre nell’accogliere la consegna “A te le affido” e dedicarsi nella totalità del dono di sé fino ad offrire la sua vita per il bene dell’Istituto FMA.

Madre nel vivere ed aiutare gli altri a vivere il quotidiano immersi in Dio: la vera pietà consiste nel compiere i propri doveri “a tempo, luogo e per amore di Dio”.

Madre nell’educare “prendendosi cura” (L 12,3; 28,8) della persona nella sua integralità: salute, dimensione intellettuale, spirituale, affettiva, in una donazione totale d’amore.

Madre nell’educare con “pazienza lunga e dolcezza senza misura” (L 27,11) alcune giovani segnate nella loro storia personale da tante sofferenze e forse per questo inizialmente ribelli, sgarbate, refrattarie ad ogni intervento educativo, portandole a un reale cambiamento di vita e aprendole la strada alla chiamata del Signore. Un esempio concreto sono Emma Ferrero, Maria Belletti, Corinna Arrigotti. 

Madre nei piccoli gesti, capaci di segnare tutta la vita di una persona come nel caso della bambina che soffriva i geloni ai piedi, nell’inverno: madre Mazzarello vede, si china, fascia le sue ferite… Un atto di carità indimenticabile.

Madre nel creare il clima di famiglia che rafforza l’appartenenza e nel tenere le ragazze e le sorelle sempre allegre, unite, escogitando tante iniziative a questo fine: le ricreazioni animate in cortile, il canto, la musica, il teatro, le feste di carnevale, le passeggiate, ecc.

Madre nell’accompagnare le comunità che vivono qualche difficoltà, crisi, fragilità nel costruire la comunione fraterna. Coniugando l’amorevolezza con la fermezza, ricorderà infatti alle sorelle: “Dove regna la carità vi è il paradiso” (L 49).

Madre nell’accompagnare le suore missionarie in partenza e nel consegnarle un ultimo ricordo che diventa testamento di vita: “Ama tutti e tutte le tue sorelle, amale nel Signore, ma il tuo cuore non dividerlo con nessuno, sia tutto intero per Gesù” (L 65,3).

Madre nell’aiutare le sorelle e le ragazze a leggere la storia personale e comunitaria come storia di salvezza: “È la mano di Dio che lavora in noi” (L 66,2).

Madre nell’arte di animare e governare l’Istituto con prudenza, rispetto, facendo leva sulla persuasione e sull’amore: “Sembrava una vera giardiniera nel governo per vedere quali fiori vi dovesse piantare o trapiantare. Quando vedeva che una non era molto adatta in un ufficio la metteva in un altro” (Enrichetta Sorbone).

Madre nella preghiera. Una madre dal cuore orante. Davanti a Dio non sta mai sola. Prega per le ragazze, per le suore, per la fecondità delle opere, per i missionari, per tutti i bisogni dell’Istituto e della Chiesa.

Madre nel momento della morte: “Voi non lasciatemi mai sola. La mia fantasia mi fa paura, e quando voi ci siete allora mi sento tranquilla”… “Care figlie, vi lascio, guardate di volervi bene!”… “La Madonna… state tranquille, vi aiuterà molto”. Volgendosi verso il crocifisso: “Ah, se vi conoscessero come io ora vi conosco!”.

 

Una maternità educativa che ci interpella

Di fronte alle sfide educative di oggi, l’esperienza di maternità educativa di Maria Domenica ci interpella e ci illumina. In un mondo che sembra «orfano» di padri e madri vivi, c’è la speranza di una «maternità contagiosa» che porta accoglienza, tenerezza, comprensione e perdono, cioè una maternità a servizio degli altri.

In un tempo di fragilità, di rottura delle relazioni e di sfide delle relazioni funzionali, abbiamo bisogno di una maternità che aiuti a riscoprire la “grammatica” delle relazioni, mettendo le persone al centro. Accompagnare, discernere ed integrare le risorse e le fragilità delle persone e delle comunità diventano un compito necessario ed urgente. Nel far fronte alle sfide della missione educativa di oggi, abbiamo bisogno di una maternità che risvegli in noi la passione educativa del Da mihi animas e dell’A te le affido, che ci aiuti a rinnovare il fervore apostolico, a riscoprire l’azione misteriosa del Risorto e del suo Spirito nella vita delle persone e nella storia.

Per arginare il pericolo dell’indifferenza, della solitudine e dell’individualismo che può minacciare la nostra vita abbiamo bisogno di una maternità che sa ospitare l’altro e il suo mistero in quanto persona. Una maternità che sa rispettare, accogliere e valorizzare la differenza come ricchezza creando l’unità nella diversità.

Le sfide della dicotomia, della dispersione, della frammentazione della vita invocano una maternità che educhi a mettere insieme testa, mani e cuore, cioè una maternità che aiuti a integrare, a far sintesi di vita, a fare una “lettura olistica” della vita e della storia dell’umanità, a ritrovare la fermezza interiore e la centralità e la saldezza in Dio. Il pericolo dell’esteriorità, richiede una maternità che ci aiuti a ritrovare l’importanza dell’interiorità, di una vita abitata da Dio.

L’insidia dell’isolamento, dell’individualismo, dell’egocentrismo va affrontata con una maternità che forma e spinge a coltivare l’atteggiamento della “mistica” del vivere insieme; a spalancare il cuore agli orizzonti di Dio e degli altri. Quando il pericolo dell’idealizzazione delle comunità e della missione si fa insidioso, abbiamo bisogno di una maternità educativa che aiuti ad accogliere le fragilità con il realismo cristiano della fede e del mistero pasquale, fino ad assumersi le debolezze, i problemi e le difficoltà altrui. In una parola: fino a donare noi stessi.

Di fronte alle insidie di guardare la vita da una prospettiva puramente orizzontale, e, qualche volta, del pericolo della mondanità spirituale abbiamo bisogno di una maternità che ci aiuti ad “alzare” lo sguardo verso le realtà ultime, cioè guardare la realtà, le persone e gli eventi dalla prospettiva di Dio e della meta della vita cristiana.

Le paure e le forme di paralisi che oggi assalgono tante persone è segno che c’è bisogno di una maternità che aiuti a farsi coraggio, a reagire, ad essere resilienti, cioè una maternità che aiuti a ricordare esistenzialmente le parole di Gesù: “Io sarò con voi fino alla fine dei tempi”; abbiamo bisogno ancora oggi di sentire le parole di Madre Mazzarello: “Gesù deve essere tutta la nostra forza”. Il pericolo dello sradicamento e della perdita della memoria, interroga una maternità che ci ricorda sempre: “è la mano di Dio che lavora in te” = memoria Dei.

Lo stile educativo che fu di Maria Mazzarello ci sprona tutti, consacrate e laici, ci sfida ad un rapporto nuovo con le giovani generazioni. L’esempio di Maria Domenica Mazzarello continua a splendere nella sua semplicità materna anche oggi: ci spinge ad essere madri e padri, a generare e ri-generare le giovani generazioni. Ci spinge ad essere adulti capaci di generare all’accoglienza, alla vita, alla fede, alla giustizia, alla pace, alla relazione con Dio e con tutti; generare all'amore e ad un sano modo di vivere l'esperienza cristiana, familiare, lavorativa.

Maria Domenica Mazzarello ci insegna uno stile: essere “presenza” significativa ed interpellante; imparare a divenire noi stessi nella forma migliore, uomini e donne che abbiano il coraggio e la pazienza di intessere autentici e profondi rapporti interpersonali, che scommettono la propria vita nel “prendersi cura”, nell’amare e nel farsi amare, adoperandosi consapevolmente a porre le condizioni che promuovano la cultura della vita e la civiltà della pace e dell’amore.

La passione educativa tradotta in una maternità educativa è il messaggio che possiamo trarre dalla vita di Maria Domenica. Avere un “cuore grande e generoso” è allora la logica conseguenza di vivere consapevolmente la propria missione affidatale da Dio: un “cuore grande” per accogliere ed abbracciare tutti e un “cuore generoso” nel donarsi fino alle ultime conseguenze. Di questo amore Gesù è il modello e i Santi sono i migliori testimoni.

 

Eliane Petri, FMA 
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