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Giovedì, 15 Ottobre 2020 09:00

Fratellanza umana

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Quali sono i grandi ideali ma anche le vie concretamente percorribili per chi vuole costruire un mondo più giusto e fraterno nelle proprie relazioni quotidiane, nel sociale, nella politica, nelle istituzioni?

È la domanda di fondo cui intende rispondere “Fratelli tutti”. Papa Francesco la definisce una “Enciclica sociale”, il cui titolo richiama una delle “Ammonizioni” di San Francesco d’Assisi, che usava quelle parole per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo.

L’Enciclica mira a promuovere un’aspirazione mondiale alla fraternità e all’amicizia sociale. A partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana, dal riconoscerci fratelli perché figli di un unico Creatore, tutti sulla stessa barca e dunque bisognosi di prendere coscienza che in un mondo globalizzato e interconnesso ci si può salvare solo insieme.

L’emergenza sanitaria globale, nel tempo della pandemia di Covid-19 è servita a dimostrare che “nessuno si salva da solo” e che è giunta davvero l’ora di sognare come un’unica umanità in cui siamo tutti fratelli.

La fraternità è da promuovere non solo a parole, ma nei fatti. Fatti che si concretizzano nella “politica migliore”, quella non sottomessa agli interessi della finanza, ma al servizio del bene comune, in grado di porre al centro la dignità di ogni essere umano e di assicurare il lavoro a tutti, affinché ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. Una politica che, lontana dai populismi, sappia trovare soluzioni a ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali e che punti ad eliminare definitivamente la fame e la tratta.

Una società fraterna promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere il virus dell’individualismo radicale e per permettere a tutti di dare il meglio di sé. A partire dalla tutela della famiglia e dal rispetto per la sua “missione educativa primaria e imprescindibile”.

Papa Francesco sottolinea che un mondo più giusto si raggiunge promuovendo la pace, che non è soltanto assenza di guerra, ma una vera e propria opera “artigianale” che coinvolge tutti. Legate alla verità, la pace e la riconciliazione devono essere “proattive”, puntare alla giustizia attraverso il dialogo, in nome dello sviluppo reciproco. Il Pontefice condanna la guerra, che è la “negazione di tutti i diritti” e non è pensabile in una ipotetica forma “giusta”, perché le armi nucleari, chimiche e biologiche hanno ricadute enormi sui civili innocenti.

“Dialogo e amicizia sociale”, da qui emerge il concetto di vita come arte dell’incontro con tutti, anche con le periferie del mondo e con i popoli originari, perché da tutti si può imparare qualcosa e nessuno è inutile. Il vero dialogo, infatti, è quello che permette di rispettare il punto di vista dell’altro, i suoi interessi legittimi e, soprattutto, la verità della dignità umana.

Papa Francesco sollecita ad abbattere i muri, ad uscire dalla paura, a guardare negli occhi l’altro e a vedere nell’altro che soffre il volto di Gesù, a riconoscersi fratelli e sorelle.

Appartenere tutti alla stessa famiglia significa aver presente che la cura autentica della vita e delle relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri.

La pandemia ha messo in evidenza ancora di più l’interdipendenza tra gli uomini. Per uscire migliori dalla crisi bisogna agire insieme: «E lo faremo – ha detto Papa Francesco – alla luce del Vangelo, delle virtù teologali e dei princìpi della dottrina sociale della Chiesa. Esploreremo insieme come la nostra tradizione sociale cattolica può aiutare la famiglia umana a guarire questo mondo che soffre di gravi malattie. È mio desiderio riflettere e lavorare tutti insieme, come discepoli di Gesù che guarisce, per costruire un mondo migliore, pieno di speranza per le future generazioni», per «costruire una "civiltà dell’amore", come amava dire san Paolo VI».

 

Gabriella Imperatore, FMA 
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