Missionarietà

Articolo_dossier_missionarietà_2020-04
La “missionarietà non è solo una questione di territori geografici, ma di popoli, di culture e di singole persone, proprio perché i 'confini' della fede non attraversano solo luoghi e tradizioni umane, ma il cuore di ciascun uomo e di ciascuna donna".

Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario!

«Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria che non può lasciare le cose come stanno […]. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno “stato permanente di missione”» (Francesco, Evangelii gaudium, 25-27).

La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. […] Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti o incompiuti (Evangelii gaudium, 24).

È una Chiesa in cammino verso le periferie e in ascolto del Vangelo e dei poveri. Una Chiesa che prende a modello il profeta Giona, chiamato a Ninive, e si mette in strada per annunciare, prima di tutto, la misericordia sorprendente di Dio. Una Chiesa capace di ascolto non solo del grido dei poveri – un’urgenza imprescindibile, ‒ ma pure delle tante espressioni dell’unica fede, che in ogni cultura e continente prende una forma specifica. La gente ha bisogno di parole e gesti, che partendo da noi, indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. La fede genera una testimonianza annunciata non meno di una testimonianza vissuta. Con il suo personale tratto papa Francesco mostra la forza e l’agilità di questa forma e di questo stile testimoniali: quante immagini e metafore provenienti dal Vangelo egli riesce a comunicare, soddisfacendo la ricerca di senso, accendendo la riflessione e l’autocritica che apre alla conversione, animando una denuncia che non produce violenza ma permette di comprendere la verità delle cose.

Nelle attuali veloci trasformazioni, e in qualche caso a seguito di scandali, corriamo il rischio di perdere questa presenza capillare, questa prossimità salutare, capace di iscrivere nel mondo il segno dell’amore che salva. Una vicinanza che ha anche una forte presa simbolica e una capacità comunicativa più eloquente di tante raffinate strategie.

Occorre un impegno tenace per continuare ad essere missionari nelle trasformazioni demografiche, sociali e culturali che il Pianeta attraversa: la fatica a generare e a educare; un’immigrazione massiva che produce importanti metamorfosi al tessuto sociale; una trasformazione degli stili di vita che ci allontana dalla condivisione con i poveri e indebolisce i legami sociali. «Se non lo hai toccato, non lo hai incontrato», ha detto del povero papa Francesco. Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, «l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone» (Evangelii gaudium, 199).

 

Gabriella Imperatore, FMA
gimperatore@cgfma.org

 

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