Arrival

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In un mondo cinematografico dominato da esplosioni visive e narrazioni adrenaliniche, Arrival si distingue come un capolavoro di introspezione e umanità. Diretto da Denis Villeneuve, il film del 2016 utilizza la fantascienza non solo per esplorare l'ignoto, ma per affrontare temi profondamente radicati nella condizione umana. La professoressa di linguistica Louise Banks viene reclutata per una missione di importanza cruciale: comunicare con misteriosi visitatori extraterrestri atterrati sulla Terra. Mentre il mondo è sull'orlo di un conflitto globale, Arrival ci invita a riflettere sulla potenza del linguaggio come ponte per la comprensione e la pace, sfidando le nostre percezioni e pregiudizi più profondi.

Arrival, tratto dal racconto “Storie della tua vita” di Ted Chiang e sceneggiato da Eric Heisserer, vede protagonista Amy Adams nei panni della linguista Louise Banks, reclutata dall’esercito statunitense per guidare un team incaricato di comunicare con le creature presenti in una delle dodici gigantesche astronavi atterrate in diverse località del mondo.

In un contesto di tensione globale, Banks e la sua squadra lottano contro il tempo per decifrare il codice alieno: riuscire a comunicare con i visitatori significa evitare un conflitto mondiale. Però la sfida linguistica che Louise affronta non è solo una questione di decodifica, ma un’esplorazione profonda di una filosofia completamente diversa, che mette in discussione le fondamenta del pensiero e della comunicazione umana.

Nel film le potenze mondiali competono per dimostrare la loro determinazione nel contrastare i nuovi venuti. Tuttavia, il cuore pulsante della narrazione si trova nel percorso di Louise, il cui compito di stabilire un contatto con gli alieni richiede un ripensamento radicale del suo approccio antropologico alla comunicazione. Questo processo di comprensione reciproca diventa il fulcro attorno al quale ruota la possibilità di una coesistenza pacifica.

La regia di Villeneuve, supportata dalla meravigliosa fotografia di Bradford Young e dalla colonna sonora emozionante di Jóhann Jóhannsson, crea un’atmosfera suggestiva che amplifica l’intensità emotiva del film. Nello svolgimento della trama di Arrival, la luce si affievolisce sempre più, mentre la nebbia e le nuvole nere si fondono quasi con i dodici oggetti fluttuanti di 450 metri di altezza. Queste astronavi, silenziose all’esterno, che accrescono l’aura di mistero e tensione, sono controllate dagli “eptapodi”, così denominati per i loro sette arti, che suscitano le paure recondite e le classiche domande: “chi sono?”, “Cosa vogliono?”, “Perché sono venuti qui?”.

Denis Villeneuve spiegò che il film si basa sulla “teoria della relatività” della linguistica moderna, nota come teoria di Sapir-Whorf, secondo cui l’apprendimento di una nuova lingua influenza il modo di pensare e sognare. «A circa metà del film», disse VIlleneuve, «apprendiamo che loro riescono a scrivere una frase simultaneamente con entrambe le mani. Conoscono la fine della frase mentre stanno scrivendo il suo inizio. Mentre Louise cerca di scrivere nella loro lingua alla sua maniera, le sinapsi del suo cervello iniziano a collegarsi con il linguaggio e con il suo modo di pensare. Più impara il loro linguaggio, più i suoi pensieri diventano confusi. Inizia ad avere non proprio interruzioni psicotiche, quanto vividi flashback del suo passato. Perché questo linguaggio le porta alla mente ricordi della figlia che ha perso?». 

Il linguaggio ci cambia e ci mette in contatto non solo con gli “altri”, ma anche con parti di noi stessi nascoste o dimenticate. Louise scopre che il linguaggio degli eptapodi adotta un modello non fonetico, ma legato ai concetti. Comunicare con un’alterità difatti richiede una decostruzione e ricostruzione del modo stesso di pensare, un processo che trasforma profondamente chi lo intraprende. La forza di Louise deriva proprio dalla sua vulnerabilità: una madre ferita che diventa l’ultima speranza del mondo.

Arrival, come accade nei migliori film di fantascienza, ci pone davanti ai grandi interrogativi filosofici: il senso della vita e della morte, il tempo, la diversità e la comunicazione con essa.  Nonostante la profondità dei temi affrontati e il genere cinematografico ricco di effetti speciali, il film mantiene sempre una certa delicatezza ed eleganza. La regia di Villeneuve è raffinata e suggestiva, mentre la colonna sonora di Jóhannsson crea un’atmosfera di mistero e introspezione. Il film non esplode in effetti speciali clamorosi o scene d’azione adrenaliniche, ma preferisce lasciare il segno con la sua profondità intellettuale e la sua carica emotiva.

La storia di Louise Banks ci insegna che, a volte, il pensiero prevale sulla tecnica, l’umanità prevale sulla tecnologia, l’inclusione sull’esclusione e il dialogo sullo scontro. 

Arrival, infatti, è un film di fantascienza che, paradossalmente, parla proprio di umanità: di linguaggio, comunicazione e dialogo, incomprensioni e tensioni geopolitiche, paure ancestrali, scelte, tempo, speranza, vita e morte.

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