Il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale è testimone di molte speranze collegate all’enciclica Laudato si’ (LS) che ha appena compiuto 10 anni. Questa ricorrenza, unita all’avvicinarsi del Tempo del Creato – la stagione celebra da svariate denominazioni cristiane dal 1° settembre (giorno che papa Francesco ha scelto per introdurre nella Chiesa cattolica la giornata annuale di preghiera per il creato) al 4 ottobre (festa di san Francesco d’Assisi, patrono dei cultori dell’ecologia), anche con iniziative vissute ecumenicamente – costituiscono un contesto opportuno per riflettere a come l’impegno per la cura della casa comune può generare speranza. I beni della Terra sono destinati a tutti, ricorda la bolla Spes non confundit (16) con la quale il Santo Padre ha indetto il Giubileo in corso.
È opportuno riconoscere che moltissime comunità locali, famiglie, parrocchie, congregazioni, diocesi, scuole e associazioni si sono impegnate in questa direzione. Ciò che accomuna l’impegno della Chiesa è la promozione dello sviluppo integrale: ogni persona e tutte le persone, e ogni aspetto della vita umana, anche gli aspetti che concernono la spiritualità, le relazioni, la cultura, la salute, il rapporto con il resto del creato. Gesù non ci parla forse di una vita in pienezza o in abbondanza (Giovanni 10, 10)? Amare Dio, nostro Padre e Creatore, significa dunque anche adoperarsi per preparare il Suo regno quaggiù.
Papa Francesco ci ricorda le implicazioni sociali della nostra fede (Evangelii Gaudium, cap. 4) e ci interpella in merito all’importanza delle motivazioni che spingono all’azione e sul senso del nostro passaggio su questa Terra (LS 160). Sorretti da un’adeguata motivazione, si può riprendere la definizione di “bene comune” fornita dal Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (164) e considerare l’insieme di tutte quelle condizioni che consentono lo sviluppo e il perfezionamento di ogni persona e gruppo, poiché siamo tutti chiamati alla santità.
Sono dunque importanti anche gli sforzi che favoriscono la cura della casa comune (quali progetti di conservazione della natura oppure di riforestazione) e la contemplazione del creato; l’educazione ecologica e una spiritualità ecologica; le iniziative economiche avviate dalla Chiesa che si basano sull’uso razionale e moderato dei beni del creato (è facile pensare alle fattorie); il discernimento oculato per i consumi e la scelta dei fornitori.
Tutto ciò, se compiuto alla luce dell’ecologia integrale (LS cap. 4), può generare speranza per altri, soprattutto se gli impegni a favore della casa comune si rivelano duraturi. Difatti, poiché «il tempo è superiore allo spazio» (LS 178), bisogna investire nei processi e costruire fiducia.
Per avviare un progetto destinato a rispondere al grido della Terra coinvolgendo le comunità, serve conoscersi e dialogare (LS cap. 5) condividendo memorie e speranze, discernere insieme quali sono le migliori strade, poi camminare facendo rete e dando se possibile vita ad un sano multilateralismo di persone di buona volontà che, dal basso, possono influenzare positivamente le grandi decisioni (Laudate Deum 38).
Un tale camminare insieme è esigente: ripudia l’assistenzialismo, rifugge da soluzioni concepite a tavolino che un paradigma tecnocratico fuorviante (LS cap. 3) vorrebbe applicare uniformemente ovunque, infine mette l’accento proprio sull’inclusione e la partecipazione.
Nel concreto: prendere il tempo di dialogare, discernere e camminare insieme anche a chi la pensa diversamente, anche ai poveri e a chi è “scartato” o considerato “perdente” dalla società, anche a chi ha particolarmente bisogno di guarigione e di riabilitazione, anche a chi è marginalizzato dall’economia, anche agli immigrati e a chi non è in pace.
Le tante speranze vanno costruite insieme, camminando in modo solidale ogni giorno. Così si contribuirà ai lunghi processi di rigenerazione di cui abbiamo bisogno (LS 202).
