La società contemporanea, immersa in flussi comunicativi rapidi, spesso dominati da algoritmi e logiche di mercato, tende a naturalizzare le disuguaglianze e a diffondere discorsi che generano disperazione e immobilismo. Educare alla speranza richiede di contendersi questi spazi comunicativi, alimentando in essi il potere del dialogo autentico, dell’ascolto attivo e della parola che genera coscienza critica. Leggere e scrivere la parola, in questa prospettiva, implica rileggere e riscrivere il mondo, e in questo processo la comunicazione diventa pratica liberatoria, non mero consumo di informazioni.
Educare e comunicare per la speranza significa quindi trasformare gli ambienti educativi in spazi di incontro e dialogo, dove l’apprendimento dei contenuti sia inseparabile dall’apprendimento del pensiero critico e dove il processo educativo avvenga in dialogo con i diversi linguaggi che circolano nella società: immagini, social network, narrazioni mediatiche e pratiche comunitarie. L’educazione emancipatoria non si chiude in sé stessa, ma comunica, si connetta ai territori, ai soggetti, ai dolori e ai sogni del popolo, sfidandoli ad assumersi il ruolo di soggetti politici, agenti di trasformazione e non spettatori passivi di narrazioni egemoniche.
In questo senso, la comunicazione è anche motore del sogno e dell’utopia. Nei tempi attuali, in cui si impongono discorsi pragmatici e individualisti, è fondamentale costruire spazi di ascolto e di parola che alimentino il sogno di un mondo più conforme ai piani di Dio. Come ricorda Freire, «non c’è cambiamento senza sogno, come non c’è sogno senza speranza». Comunicare per la speranza significa quindi rompere i silenzi imposti dalla paura o dall’oppressione e creare spazi in cui le voci degli emarginati possano emergere, narrando le loro storie e costruendo collettivamente nuovi significati.
Come Istituto siamo presenti praticamente in tutto il mondo, incontriamo le realtà più diverse, manteniamo un contatto vivo con storie, vite, contesti estremamente diversificati. Una delle grandi responsabilità che possiamo assumerci è quella di dare visibilità a queste narrazioni, dare voce alle periferie silenziose del mondo che hanno bisogno di essere ascoltate. Papa Francesco è stato un grande profeta del nostro tempo che ha saputo portare nei centri decisionali del mondo le voci delle periferie geografiche ed esistenziali che i sistemi politici, economici, culturali e comunicativi mettono a tacere.

Il Sistema Preventivo Salesiano, che ha come uno dei suoi grandi obiettivi lo sviluppo del protagonismo giovanile, è un’opportunità unica per promuovere le diverse comunità affinché siano in grado di far sentire la loro voce e abbiano il coraggio di raccontare altre visioni del mondo. Per Freire, è nella relazione dialogica che avviene l’umanizzazione, ed è attraverso la comunicazione che i soggetti diventano protagonisti della loro storia, in un movimento di fare e rifare il mondo. Essere “missionarie della speranza” nel mondo di oggi è strettamente legato alla nostra capacità di tessere dialoghi umanizzanti che aiutino le persone a cercare vie di trasformazione delle realtà in cui si trovano.
In un mondo frammentato e accelerato, educare e comunicare per la speranza richiede la creazione di tempi e spazi di dialogo profondo, dove si possano tessere reti di solidarietà, di pensiero critico e di costruzione collettiva di significati. È un atto politico ed etico, che trasforma il processo comunicativo in un percorso di umanizzazione, affrontando le ideologie che naturalizzano la disumanizzazione e alimentando il sogno di società più giuste, solidali e democratiche.
Possiamo dire che educare alla speranza implica generare comunione, alimentare il sogno di Dio sull’umanità attraverso iniziative concrete e profetiche a partire da piccole azioni che, sommate, sono in grado di generare grandi cambiamenti. Comunicare speranza è annunciare il Regno di Dio, è seguire le orme di Gesù verso l’unità, la giustizia, la solidarietà, l’inclusione e la cura. Comunicare speranza richiede di rompere le catene dell’odio e della divisione che schiavizzano l’essere umano, affinché possiamo vedere il divino presente in ogni persona sognata e amata da Dio.
Glossario
(Iper)mediatizzazione
Si riferisce al processo attraverso il quale i media, nelle loro diverse forme (TV, radio, giornali, piattaforme digitali), diventano mediatori centrali delle pratiche sociali, politiche e culturali, influenzando il modo in cui gli individui percepiscono, interagiscono e agiscono, condizionando al contempo i modi di produzione di senso, di organizzazione istituzionale e di interazione sociale. Nella sua dimensione iper, questo processo si intensifica nei contesti digitali, caratterizzati dalla velocità, dall’ubiquità e dall’interattività delle reti e degli algoritmi, facendo sì che tutto possa diventare contenuto mediatico in tempo reale e ampliando la portata e l’influenza delle logiche mediatiche sulla vita quotidiana e sulle dinamiche culturali.

Educazione emancipatoria
È un processo educativo che mira a formare soggetti critici, autonomi e capaci di comprendere, mettere in discussione e trasformare la realtà in cui vivono, superando condizioni di oppressione e ingiustizia. Ispirata da autori come Paulo Freire, questa prospettiva intende l’educazione come pratica di libertà, incentrata sul dialogo, sulla problematizzazione e sulla costruzione collettiva della conoscenza, mirando allo sviluppo della coscienza critica e del protagonismo degli studenti. In questo senso, l’educazione emancipatoria non si limita alla trasmissione di contenuti, ma offre spazi affinché gli individui comprendano le strutture sociali che li condizionano e possano agire per trasformarle, promuovendo la giustizia sociale e la dignità umana.

Narrazioni egemoniche
Sono costruzioni discorsive che organizzano i significati e i valori predominanti in una società, legittimando visioni del mondo, interessi e pratiche dei gruppi dominanti e naturalizzando determinate interpretazioni della realtà come se fossero universali o neutre. Queste narrazioni operano come strumenti di potere simbolico, modellando percezioni, comportamenti e identità collettive, mentre allo stesso tempo mettono a tacere o emarginano altre voci e prospettive, contribuendo al mantenimento di strutture di dominio ed esclusione. Presenti nei media, nell’istruzione, nella politica e nella cultura, le narrazioni egemoniche influenzano ciò che è considerato importante, vero o socialmente accettabile, orientando il modo in cui i soggetti comprendono sé stessi.
