Non numeri, ma fratelli

Articolo_In_esodo_04dma2021
Il Papa, dal suo primo viaggio a Lampedusa, “non è mai sceso dalla barca". L’immagine esprime la missione della Chiesa universale a favore dei più vulnerabili, di chi è costretto a fuggire da guerre e povertà. Oggi, mentre si assiste al più grande movimento di persone sfollate e di rifugiati della storia recente, la Chiesa continua la missione in solidarietà con le persone sfollate. Tutta la storia dell’umanità è attraversata da spostamenti di massa, mescolanze, movimenti e riassestamenti. Le migrazioni, da sempre, rappresentano il paradigma intorno al quale l’umanità ha plasmato se stessa, il motore di ogni progresso, di ogni avanzamento, di ogni modernità. I valori, i principi e comportamenti si costruiscono sulla base degli stimoli che si ricevono e degli esempi che si intercettano. 

Le migrazioni sono parte della quotidianità, sono un’opportunità di crescita per tutti, come individui, come società, come economia, come comunità. Per questo bisogna cambiare il modo in cui si guarda ai migranti e al mondo, indossare lenti nuove, stabilire le giuste interconnessioni per comprendere questa realtà, accogliere queste energie in movimento, conoscerle, scambiare e aprire porte e costruire ponti.

La Chiesa in uscita è pronta a incontrare tutti, senza alcuna distinzione. È una Chiesa pellegrina che si mette in strada e cammina, con un atteggiamento di apertura, di condivisione e solidarietà con tutta l’umanità e, in particolare, con le persone più vulnerabili.

“La speranza è ciò che muove il cuore di chi parte, 
è anche ciò che muove il cuore di chi accoglie: 
il desiderio di incontrarsi, conoscersi, dialogare” (Papa Francesco).

Essere persone ponti 

Le migrazioni sono parte delle dinamiche globali, bisogna lavorare insieme per costruire un mondo più abitabile e prospero per tutti. Oggi, mentre masse enormi di persone sono costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie famiglie a causa di persecuzioni, violenza, catastrofi naturali, cambiamenti climatici e povertà, bisogna riconoscere che la migrazione è anche una risposta umana naturale alle crisi e una testimonianza del desiderio innato di ogni essere umano di essere felice e di godere di una vita migliore.

È fondamentale, perciò, costruire ponti, coesione, favorire scambi positivi e, soprattutto, accogliere coloro che cercano un futuro migliore. Bisogna mettersi in cammino per raggiungere i migranti, impegnarsi ad abbracciare la loro povertà e sofferenza, a sollevarli con la convinzione che non sono numeri, ma persone con nomi, storie e sogni vedendo in loro Gesù Cristo che da bambino si è rifugiato in Egitto con i suoi genitori. “I migranti non sono prima di tutto migranti, ma persone, con una storia, una memoria, una terra e una dignità inalienabile. Ognuno di loro ha un cammino, un dolore intimo che lo perseguita e ognuno di loro ha una speranza: essere considerato persona, essere chiamato per nome, essere accolto e riconosciuto. Dobbiamo quindi parlare di persone in migrazione che ci chiedono di condividere il loro percorso e di condividere la terra e il mondo che abbiamo in comune con loro” (Rev.do Mons. Bruno-Marie Duffé).

“Rendere possibile alle persone di esprimersi pienamente 
attraverso le proprie capacità e talenti; condividendo la stessa speranza”.

Verso un “noi” sempre più grande

La presenza sempre più visibile di migranti e rifugiati nelle società e nelle comunità ecclesiali rappresenta, oggi, indubbiamente una delle sfide decisive nei confronti dell’ideale di unità che la Chiesa è chiamata a costruire, ricostruire e a vivere quotidianamente. “Il futuro delle nostre società è un futuro a colori” afferma Papa Francesco nella campagna di comunicazione per la 107.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si celebra il 26 settembre 2021. L’attenzione è sul vivere insieme, in armonia e pace, per costruire un futuro arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali. “Ciascuno è un granello di sabbia e insieme possiamo formare una spiaggia bellissima, una vera opera d’arte”.

Le Chiese locali fanno un lavoro instancabile. Molti migranti fanno volontariato per sostenere gli altri. Non hanno un lavoro retribuito, ma usano il tempo per gli altri in modo significativo. La speranza nasce dalle comunità cristiane che trovano energia e ispirazione dall’accogliere con fiducia persone di altre fedi e culture. Da queste esperienze di incontro nascono amicizie sorprendenti che creano nuove opportunità di inserimento ai migranti. “Questo cuore sa che i migranti e i rifugiati non vengono per usurpare il nostro stile di vita, ma si rallegra di come possono arricchire la nostra società” (Enciclica Fratelli Tutti, c. 4).

Superare l’egoismo e prendersi cura di tutti ricordando la parabola del Buon Samaritano, è essenziale per ricostruire la famiglia umana in tutta la sua bellezza riconoscendo l’altro come ricchezza, ricco di quei talenti che rendono gli altri unicamente diversi.

È vitale diffondere una nuova cultura a livello globale, una cultura viva dell’incontro personale, una nuova visione di accoglienza della persona umana nel migrante. Solo così si realizza il sogno comune di un “noi” sempre più grande, di un’unica casa, di un’unica Famiglia umana.

 

Gabriella Imperatore, FMA 
gimperatore@cgfma.org

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